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DELLA MATERIA DELLA PASSIONE

“Nella costante ricerca della materia atta alla nascita della passione, conobbi regioni dell’anima inopportune all’umano progredire delle cose, eppure, provai gioia assoluta nel vedere sulla mia pelle lo stringersi delle trame della vita, scorgendo così nei segni dell’esistere, il sentiero verso l’elevazione del sentire.”

In quest’opera si ripercorre il senso di crocifissione, in quanto supplizio imposto da chi percepisce la diversità altrui come simbolo e icona contro il quale battersi fino a distruggere fisicamente ed emotivamente chi crede e si dedica a qualcosa che vada al di là della nostra dinamica di vita.

Il soggetto qui appare legato e non inchiodato alla croce, poiché la base su cui si muove il concetto espresso è quello della costrizione, dell’impedire a qualcuno di potersi esprimere e muovere liberamente seppur essendo vivo. Traspare così l’intero significato dell’incapacità del carnefice di gestire l’Altro, al punto da dover dominare chi si ha davanti per piegarlo al proprio volere, usando violenza e forza.

La scelta della legatura è inoltre un volontario richiamo alle pratiche Bondage, poiché anche nel costringere l’altro all’immobilità vi è una necessità da parte del carnefice di trarre piacere per il proprio operato, poiché non si tratta di impedire a qualcuno di essere diverso, ma di poter godere dell’azione stessa della sottomissione, in questo modo ogni aspetto diventa un rituale. Si parte con la dissacrazione del soggetto attraverso i propri “oggetti di fede” per poi arrivare al coronamento del proprio dovere, l’esecuzione finale, l’ammirazione.

Il richiamo con il Cristo crocifisso è diretto, ma la scelta di usare un corpo di donna non è stato per creare una contrapposizione, ma per il fatto che in questo periodo storico la maggior parte delle discriminazioni in ambito di libertà sono sempre più spesso legate a maltrattamenti sulle donne, da qui la scelta del soggetto, a rappresentare l’interezza del mondo femminile (e non solo), dissacrato e oltraggiato nella sua ricerca di eguaglianza e diritti, il che non si riflette unicamente sui “grandi valori” della vita, ma arriva fino agli aspetti più minimi che fanno parte di una persona, che la formano dal principio, e dunque di riflesso, alla possibilità di essere semplicemente se stessi senza vincoli e impedimenti imposti da una “società” che invece di elogiare l’essere umano, va dedicandosi alla persecuzione delle libertà altrui, poiché nulla è uguale se appartiene ad altri.

Nell’immagine suggerita dell’opera però vi è ancora una speranza, quegli occhi aperti, vivi, che guardano al di là, verso una luce che potrebbe portare al cambiamento agognato ma che per il soggetto non sarà altro che un miraggio, poiché inconsapevole che sarà essa stessa la luce che darà prova dell’esistenza di una diversità possibile e reale.

Il soggetto diviene araldo del possibile e vascello per chi dalla vita è stato abbandonato.

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